C’è un luogo in Umbria dove, dal 1985, viene portata avanti un’appassionata ricerca.. quella sulle antiche varietà locali di piante da frutto. Il luogo in questione è il frutteto collezione dove ha sede la Fondazione Archeologia Arborea. Siamo a Lerchi, a due passi da Città di Castello (PG): qui, grazie allo straordinario lavoro di Isabella Dalla Ragione, presidente della Fondazione che ha continuato quanto iniziato dal padre Livio, è ancora possibile sapere che colore e che sapore avevano i frutti di una volta, come la Pera del Curato o la Mela Ciucca. Nomi che evocano un passato contadino fatto di persone che amavano talmente tanto i frutti della terra da dargli degli appellativi antropomorfi e che Isabella ha salvato dall’oblio con una meravigliosa opera di recupero, salvaguardia e tutela. Ma se per tutti Isabella è l’Indiana Jones degli alberi da frutto (così l’ha scherzosamente soprannominata in un recente articolo, La Repubblica), per noi di Initinere è stata prima un partner importante con la quale collaborare ed oggi un’amica con con cui condividere con passione il lavoro. Lo scorso gennaio, Isabella è stata insignita del Premio Nonino, sezione “Risit d’aur”, un riconoscimento molto importante dedicato alla civiltà contadina, al fianco di premi Nobel e personalità illustri del panorama culturale e scientifico internazionale. Potevamo lasciarci scappare un’occasione così succosa e non farle qualche domanda su questa incredibile esperienza?
.. Buona lettura!
Il Premio Nonino è un riconoscimento importante. Non capita tutti i giorni di ritrovarsi accanto a Premi Nobel e altre personalità illustri. Ci racconti come è andata? E’ stato come te lo immaginavi?
Conoscevo il premio perché è un riconoscimento molto importante. Non sapevo però come si sarebbe svolta la cerimonia. Vista la grande organizzazione che essa richiedeva, i ritmi sono stati serratissimi. La Fondazione Nonino ha fatto un lavoro straordinario, riuscendo a coinvolgere davvero “i più grandi”, sia a livello nazionale che internazionale. Ciò che mi ha colpito di più è stata comunque la capacità, in particolare delle sorelle Nonino, l’anima della Fondazione, di mantenere la dimensione umana e la spontaneità. Accanto infatti ad ospiti illustri c’era anche il contadino, chi la grappa la fa nel senso letterale. Trovo che questo sia stato l’aspetto più bello.
Un momento, in particolare, che ti è rimasto impresso?
Le persone presenti, gli incontri. Forse uno in particolare è stato quello con lo scrittore francese Pierre Michon. Ammetto che conoscerlo è stata una sorta di illuminazione. Parlando abbiamo capito di avere lo stesso approccio nel nostro lavoro e direi anche una vicinanza intellettuale. Michon infatti é autore di “Vite minuscole” (in Italia edito da Adelphi, ndr), raccolta di storie di uomini e donne appartenenti ad un universo popolare e contadino. In questo senso anche il suo è un lavoro di recupero di un patrimonio antropologico e culturale che altrimenti andrebbe perduto.
Da questa esperienza, come pensi che sia percepita l’Umbria in Italia e all’estero?
Direi nel complesso abbastanza positiva. Devo anche ammettere, purtroppo, che c’è ancora molto da fare se vogliamo proiettare al di fuori quell’immagine di una terra meravigliosamente ricca e complessa.
Quindi, in cosa si dovrebbe puntare secondo te per promuovere la nostra meravigliosa terra?
Proprio su questa estrema varietà che contraddistingue l’Umbria il cui territorio è una trama complessa. Ci sono delle aree di campagna molto più belle della Toscana. Oppure pensiamo a tutti i profumi, i gli odori e i colori che non sono stati raccolti e raccontati in maniera sistematica. Ci vorrebbe un progetto organico che sia in grado di raccogliere questa fitta trama senza cadere nell’errore, come già è avvenuto in passato, di puntare in un unico aspetto che non valorizzerebbe pienamente la nostra regione.
Dopo questo importante traguardo siamo curiosi di sapere i prossimi progetti della Fondazione Archeologia Arborea…
Continuo a proporre il mio lavoro di ricerca sulla comparazione tra la terra e l’Arte perché sono fermamente convinta che sia dagli aspetti meno conosciuti del periodo rinascimentale umbro che possiamo e dobbiamo ripartire. Insomma, non mollo!
E noi di Initinere non possiamo che sostenerti! Perché è proprio questa l’Umbria che ci piace raccontare, ricca, variegata, complessa. E ora vi chiediamo: come vorreste che venisse raccontata questa regione? Diteci la vostra!